Area Cardiovascolare [Numero 30 - Articolo 3. Ottobre 2008] Progressione dell’ipertensione nella popolazione in relazione agli eventi clinici | ![]() |
L’ipertensione è un fattore di rischio primario per malattia cardiovascolare, con raddoppio del rischio per ogni aumento di 20 mmHg di pressione sistolica, o 10 mmHg di diastolica oltre 115/75. I tassi di diagnosi, trattamento e controllo dell’ipertensione sono aumentati stabilmente nelle ultime decadi, portando a ridotta prevalenza di valori pressori elevati e danno degli organi bersaglio, e riduzione della mortalità per ipertensione. Alcuni studi recenti hanno però riportato aumento di prevalenza e controllo inadeguato dell’ipertensione, soprattutto in alcuni gruppi di popolazione. Molti studi volti a ricercare le cause sono basati su singole misurazioni pressorie, senza riferire registrazioni precedenti o successive, ma alcune ricerche pregresse hanno già evidenziato l’importanza dei valori pressori nel tempo nei confronti del rischio cardiovascolare, spesso considerando il contributo di un singolo valore iniziale, senza quindi considerare l’effetto della progressione della pressione in un singolo individuo (la curva a lungo termine). Inoltre, studi che hanno valutato la progressione della pressione sono stati eseguiti prima dell’introduzione di cure efficaci, prescritte estesamente. Per quanto ne sanno gli autori, non esistono studi attuali che collegano l’effetto della progressione della pressione arteriosa all’incidenza delle malattie cardiovascolari. Lo studio di Framingham, con misurazioni di valori pressori ripetuti per più di 50 anni, da un’opportunità unica di esaminare la progressione della pressione arteriosa in relazione all’incidenza delle malattie cardiovascolari, e alla mortalità per tutte le cause, in due diversi periodi. L’obbiettivo di questo studio è di determinare se si sono verificati cambiamenti nella progressione dell’ipertensione, e la relazione tra i valori pressori e il rischio di eventi clinici nella popolazione generale. Gli autori hanno quindi considerato diverse misurazioni pressorie, e la loro relazione con l’incidenza di malattie cardiovascolari e mortalità per tutte le cause, confrontando due periodi distinti, prima e dopo l’introduzione della terapia antipertensiva estensiva. Per il primo periodo, sono stati scelti 2605 soggetti che erano stati esaminati tra il 1953 e il 1971, escludendo i più giovani di 50 anni, quelli affetti da malattie cardiovascolari maggiori, con pressione sistolica superiore a 140, o diastolica superiore a 90 alla prima visita, o in terapia antipertensiva. I rimanenti soggetti erano quindi 1644, di età media pari a 61 anni, e per il 57% di sesso femminile. Per il secondo periodo, su 3214 soggetti esaminati tra il 1971 e il 1990, dopo l’esclusione con i medesimi criteri, sono state esaminate 1040 persone, di età media 58 anni e 57% donne. A ogni visita è stata raccolta la storia clinica, eseguita una visita medica con misure antropometriche e valutazione dei parametri di laboratorio per la valutazione dei fattori di rischio cardiovascolari, e rilevati i valori pressori con procedure codificate. È stato calcolato l’indice di massa corporea, rilevata l’abitudine al fumo, confermata la presenza o meno di diabete. I soggetti sono stati poi seguiti fino a 16 anni dopo la prima visita, rilevando l’eventuale insorgenza di eventi primari, definiti come ictus fatale o non fatale, morte cardiovascolare, scompenso cardiaco congestizio, o infarto miocardico acuto fatale o non fatale certo. L’evento secondario era la morte per tutte le cause. I risultati
L’età e la divisione per sesso nei due gruppi erano simili. Nel primo periodo erano superiori i valori medi di colesterolo (233 contro 214) e la percentuale di fumatori (41% contro 24%), mentre nel secondo periodo erano superiori i valori medi di indice di massa corporea (26,2 contro 25,5) e la percentuale di diabetici (5% contro 3,9%).
Per quanto riguarda gli obbiettivi dello studio, i risultati possono essere cosi riassunti:
Questo studio esamina le variazioni della progressione della pressione arteriosa nel tempo, e le relazioni con i principali eventi clinici nella popolazione generale. I dati sostengono l’ipotesi che la terapia ha alterato la storia naturale della progressione della pressione:
- In primo luogo confermano un effetto importante della terapia sulle conseguenze a lungo termine dell’ipertensione; inoltre, mentre nel primo periodo c’erano forti associazioni tra i valori di pressione sistolica e la mortalità per tutte le cause, queste non sono più state notate nel secondo periodo.
- Una percentuale significativamente maggiore di ipertesi è stata trattata, e ha raggiunto il controllo dei valori pressori nel secondo periodo.
- La curva dei valori pressori ha una pendenza significativamente inferiore nel secondo periodo, rispetto al primo.
Tutte queste osservazioni sostengono l’ipotesi che l’introduzione diffusa della terapia antipertensiva ha alterato la storia naturale della progressione della pressione, e le sue relazioni con gli eventi nella popolazione generale. I minori rischi associati alla pressione nel secondo periodo non devono far pensare che la pressione non sia più un importante fattore di rischio, ma che una terapia efficace ha effetti quantificabili sulla progressione della pressione, e quindi sulla morbidità e mortalità causate dall’ipertensione nella popolazione generale. In accordo con la maggior parte degli studi precedenti, condotti su soggetti di età superiore a 50 anni, gli autori hanno rilevato che le variabili collegate alla pressione sistolica sono predittori decisamente migliori di incidenza cardiovascolare, rispetto a quelli della pressione diastolica; dimostrando inoltre l’effetto della pressione sistolica anche sulla mortalità per tutte le cause.
Implicazioni per la Medicina Generale
Lo studio mostra un’evidente cambiamento temporale (dal 1953 al 1990) nella progressione della pressione arteriosa nella popolazione generale, anche in relazione agli eventi clinici collegati. Nel complesso, i risultati confermano l’ipotesi che il trattamento dell’ipertensione ha avuto un profondo effetto sulla salute della popolazione generale. Quindi, visto che un efficace controllo dei valori pressori è attualmente ottenuto solo in una ridotta percentuale della popolazione, questi dati sottolineano la possibilità di migliorare la salute pubblica, applicando estesamente le raccomandazioni già esistenti sulla terapia dell’ipertensione. Questo vale soprattutto per l’Europa e altre regioni del mondo, dove i tassi di controllo della pressione restano indietro rispetto a quelli ottenuti negli USA.
Limiti dello studio
La popolazione studiata consiste di soggetti bianchi di mezza età, limitando quindi la generalizzazione delle conclusioni ad altre classi di età e gruppi etnici. Ad esempio, studi precedenti hanno mostrato percentuali diverse di soggetti ipertesi bianchi o neri, trattati con successo. Inoltre, il campione studiato potrebbe essere condizionato da un fattore di confondimento di selezione, per l’esclusione dei soggetti ipertesi o già affetti da patologie cardiovascolari maggiori, che potrebbe avere influenzato il confronto tra i due periodi, anche se questo non è confermato da ulteriori analisi. Gli eventi osservati nei due diversi periodi potrebbero avere spiegazioni diverse dall’introduzione diffusa della terapia antipertensiva, come effetti di coorte, confondimento residuo per il diverso uso di aspirina e ipolipemizzanti nei due periodi, o riduzione in genere dei fattori di rischio cardiovascolari nella popolazione. Dal momento che lo studio è osservazionale, non si può stabilire un ruolo causale della terapia antipertensiva nelle tendenze temporali osservate.
Come riportato dagli autori, lo studio di tipo osservazionale non è in grado di dimostrare un preciso rapporto causale tra il miglioramento del controllo dei valori pressori negli ultimi 50 anni, e la riduzione sia degli eventi cardiovascolari maggiori, che della mortalità per tutte le cause. Molti altri fattori potrebbero essere implicati, ad esempio la migliore qualità della vita, l’alimentazione più sana, la maggiore attenzione data all’attività fisica e alla salute della persona in generale. Ad esempio, viene riportato una riduzione di circa la metà dell’abitudine al fumo, e diminuzione dei valori di colesterolo. Altri fattori non spiegano la riduzione di mortalità, come ad esempio l’aumento di BMI e di diabetici, quest’ultimo del 25% circa, ma i risultati degli autori sono ineccepibili dal punto di vista metodologico, e sono coerenti con quelli di studi simili, come lo studio NHANES (National Health and Nutrition Examinations Surveys). Non è quindi possibile ignorare l’importanza della diagnosi, e del controllo adeguato dell’ipertensione arteriosa, sui quali esistono precise linee guida aggiornate, e terapie efficaci. In questo campo molto resta da fare, sopratutto per il Medico di Medicina Generale che può, come invocano gli autori, applicare efficaci strumenti per migliorare la salute pubblica.
Appendice
Nel 2004 la rivista Hypertension ha pubblicato un lavoro sul controllo dell’ipertensione in alcuni paesi occidentali: Hypertension Treatment and Control in Five European Countries, Canada, and the United States
Hypertension. 2004;43:10-17
I risultati possono essere così riassunti:

I dati sono riferiti a una popolazione di età compresa tra 35 e 64 anni, con la soglia dei valori pressori posta a 140/90. Si rimanda al lavoro originale, che può essere scaricato per intero, per i dati completi: http://hyper.ahajournals.org/cgi/reprint/43/1/10
I dati sono molto interessanti e ad esempio, per quanto riguarda l’Italia, indicano che nella popolazione generale il trattamento efficace dell’ipertensione è un obbiettivo ancora lontano da raggiungere.