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GEN
2013
Area Dolore – Cure Palliative

[Numero 16 - Articolo 4. Luglio 2007] La Dignità e l’essenza della Medicina: l’A, B, C e D delle Cure che preservano la Dignità


Titolo originale: Dignity and the Essence of Medicine: the A, B, C, and D of Dignity Conserving Care
Autori: Harvey Max Chochinov Professore, Dipartimento di Psichiatria, Università del Manitoba. Cancer Care Manitoba, Winnipeg, MB, Canada R3E 0V9
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: BMJ 2007 335: 184-187 - 28 luglio 2007
Recensione a cura di: A.K. Rieve

 

 

Sintesi introduttiva
I medici esercitano un’influenza profonda sull’esperienza di malattia dei pazienti e sul loro senso della dignità. Le cure che preservano la dignità hanno importanti effetti sul significato dell’essere paziente. L’A, B, C e D delle cure volte a preservare la dignità (attitude-atteggiamento/ behaviour-comportamento/compassion-empatia/dialogue-dialogo) costituiscono un quadro di riferimento per guidare i sanitari al mantenimento della dignità dei pazienti che può essere applicato anche all’insegnamento delle discipline mediche a livello universitario e specialistico e costituire uno standard nell’ambito dei team multidisciplinari e della pratica della medicina in forma associativa.

 

Questo articolo originale pubblicato nella sezione “Analisi” del BMJ prende spunto dalle parole di un malato “eccellente”, Anatole Broyard, notissimo critico letterario del New York Times deceduto nel 1990 all’età di 70 anni, il quale scrisse in maniera eloquente della sua esperienza psicologica e spirituale di malato di cancro prostatico metastatico. “Per il medico tipico,” egli scrisse, “la mia malattia è un incidente di routine nel giro delle visite, mentre per me è la crisi della mia esistenza. Mi sentirei meglio se avessi un medico che perlomeno percepisse questa incongruità(…) Vorrei solo che per una volta mi concedesse l’intera sua attenzione, che fosse legato a me per un breve spazio, che esplorasse la mia anima tanto quanto la mia carne, per arrivare al mio malessere, perché ogni uomo sta male a modo proprio.” Le parole di Boyard, afferma l’Autore, mettono in evidenza costi e rischi di essere paziente. La parola paziente deriva dal latino “patiens”, che significa sopportare, accettare o soffrire, e si riferisce ad un acquisito stato di vulnerabilità e dipendenza imposto dal cambiamento delle condizioni di salute. La cessione dell’autonomia ha un prezzo che talvolta può essere relativamente piccolo, come quello di adattarsi ad esigenze organizzative dei presidi che erogano le cure, ma che altre volte è così gravoso da apparire incompatibile con la vita stessa. La perdita del significato del proprio esistere, la disintegrazione dell’immagine di sé e l’annullamento della personalità possono determinare nel paziente uno stato di disperazione che colpisce corpo, mente e anima. L’articolo si propone di esaminare in che maniera coloro che forniscono le cure influenzano l’esperienza dell’essere paziente.

 

La dignità e la condizione del paziente
Benché la letteratura sul tema della dignità sia scarsa, essa dimostra che “il modo in cui i pazienti percepiscono l’essere visti” è un potente veicolo della loro dignità. In uno studio condotto con pazienti con tumore in stadio terminale, il concetto di dignità era in stretta relazione con la sensazione di “sentirsi un peso per gli altri” da un parte e con quella di “essere trattati con rispetto” dall’altra. Ne consegue che quanto più i curanti sono capaci di affermare il valore del paziente- e cioè di vedere la persona che è o che è stata, piuttosto che solo la malattia che ha- tanto più è probabile che il senso di dignità del paziente sarà sostenuto e conservato. Questo riscontro e l’intima connessione fra il riconoscimento da parte di chi fornisce le cure e la percezione di sé del paziente mette in evidenza le basi delle cure che preservano la dignità. Tuttavia, molti sanitari oppongono resistenza all’affermazione di questo particolare aspetto delle cure, definito in varia maniera come cura spirituale, cura della persona nella sua interezza, cura psico-sociale o cure che preservano la dignità. Questa riluttanza è spesso motivata da una asserita mancanza di competenza o dal timore di eccessivo dispendio di tempo. Non essere trattati con dignità e rispetto può minare il senso del sé e del valore della vita. Questo espone i pazienti al rischio di sentirsi di peso per gli altri e di mettere in forse le ragioni del continuare ad esistere. Correggere l’incongruenza sollevata da Broyard- cioè la disgiunzione di umanità ed empatia dall’erogazione delle cure sanitarie- esige che “la cura della malattia prenda il suo posto appropriato nell’ambito più ampio del problema delle cure al paziente.”

 

L’ABCD delle cure che preservano la dignità
Il concetto di cure che preservano la dignità, che prende origine dalle cure palliative, si applica all’intero ambito della medicina. Per tutti i pazienti, indipendentemente dalla loro condizione, gentilezza, rispetto e dignità sono valori imprescindibili. Proprio come il semplice ABC mnemonico (airway, breathing and circulation) sintetizza efficacemente i fondamenti delle cure in situazione critica, una cornice di riferimento semplice e facile da ricordare per le cure che preservano la dignità- l’ABCD delle cure che preservano la dignità- può ricordare ai medici l’importanza di “prendersi cura di” tanto quanto “curare” i loro pazienti.

 

 

Atteggiamento
“A”- Atteggiamento sottolinea la necessità che i sanitari innanzi tutto esaminino il proprio atteggiamento e i propri assunti nei confronti dei pazienti. Atteggiamento può essere definito come una predisposizione durevole e appresa a comportarsi in un modo coerente verso una determinata classe di oggetti (o persone), oppure uno stato persistente mentale o neurale di prontezza a reagire ad una determinata classe di oggetti (o persone), non in funzione di come sono, bensì in funzione di come sono ritenuti essere. Le percezioni sulle quali si basano gli atteggiamenti possono rispecchiare o non rispecchiare la realtà del paziente. L’Autore esemplifica attraverso domande provocatorie come idee preconcette del medico possono influenzare le cure: Il medico che presume una cattiva qualità della vita di un malato cronico potrebbe essere reticente nel proporre opzioni di cura che allungano la sopravvivenza? Pregiudizi legati all’età potrebbero portare a non affrontare temi della sfera intima? Nella valutazione clinica i medici tendono a trascurare gli aspetti organici se il paziente ha un disturbo mentale o se vive una condizione di disagio sociale grave? Esaminare i propri atteggiamenti e i propri presupposti è compito profondamente personale, che necessita di approcci individualizzati (Box 1). A livello minimale, medici devono porsi alcune questioni di fondo, intese ad aiutarli a comprendere in che maniera atteggiamenti e preconcetti influiscano sul loro modo di trattare i pazienti. Viene loro ricordato che “ciò che i medici pensano di loro può colpire i pazienti in maniera profonda. L’atteggiamento di un esperto è contagioso è può avere effetti limitanti.” A sostegno di questa affermazione, viene citato il dato epidemiologico scandinavo di un tasso di suicidi superiore all’atteso fra pazienti terminali cui erano stati sospesi assistenza medica e contatti con le strutture sanitarie per considerazioni legate ad esigenze di allocazione delle risorse e presunta inutilità delle cure. Persone trattate come se non contassero più nulla, afferma l’Autore, si sentono di non contare più nulla. In altre parole, le persone guardano agli operatori sanitari come ad uno specchio, alla ricerca di un’immagine positiva di se stessi e della sensazione di continuare a valere qualcosa. I sanitari devono essere consapevoli che i loro atteggiamenti e i loro presupposti forgeranno queste riflessioni fondamentali.

 

Behaviour (comportamento)
Un cambiamento, o perlomeno una consapevolezza, del proprio atteggiamento può porre le basi per un comportamento- la “B” (behaviour, comportamento) delle cure che preservano la dignità. Una volta che i sanitari sono divenuti consapevoli di giocare un ruolo importante nel mediare la dignità dei pazienti, ne dovrebbero logicamente conseguire diversi comportamenti (Box 2). Il comportamento dei sanitari nei confronti dei pazienti dovrebbe sempre essere improntato alla gentilezza e al rispetto. Piccoli atti di gentilezza possono personalizzare le cure e spesso richiedono poco tempo. Procurare al paziente un bicchiere d’acqua, aiutarlo ad infilare le pantofole, porgergli gli occhiali o l’apparecchio acustico, aggiustargli il cuscino o le lenzuola, apprezzare una fotografia o una cartolina o un mazzo di fiori- questi comportamenti convogliano un messaggio possente, che sta a significare che la persona e degna di quella attenzione. Tali comportamenti sono particolarmente importanti quando ci si prende cura di pazienti con malattia avanzata “sia per l’incombenza fisica del morire, sia perché viene messo alla prova il senso del valore e dell’unità del sé”. Determinati comportamenti comunicativi, come descritti favoriscono la fiducia e il legame fra paziente e curante. Aspetti della cure che toccano la sfera intima esigono particolare attenzione- chiedere al paziente il permesso di eseguire un esame fisico fa sì che il paziente non si senta oggetto di una “perquisizione” ma una persona che può scegliere di rinunciare al proprio di diritto all’intimità a condizioni reciprocamente concordate. Un’importante ricaduta di questo tipo di approccio è che i pazienti tenderanno ad essere più diretti e sinceri nel rivelare le informazioni personali, fatto che spesso è rilevante per le cure in corso.

 

Compassion (empatia)
Atteggiamento e comportamento possono essere esaminati all’interno della sfera intellettuale, ma la “C” delle cure che preservano la dignità necessita un discorso sui sentimenti del curante. [In Italiano, il termine “compassione” ha un’accezione che evoca atteggiamenti di pietà, mentre l’Inglese compassion ha una connotazione meno “religiosa” e più operativa, che può essere descritta meglio dal termine “empatia in azione”, intesa come processo psicologico di partecipazione intensa ed attiva alla sofferenza di un’altra persona, e, nel caso specifico del medico, la capacità di prendersi cura del paziente avvicinandosi alla sua esperienza di malattia e di sofferenza senza però identificarsi in essa, ndr.] Compassion si riferisce ad una profonda consapevolezza della sofferenza di un’altra persona associata al desiderio di arrecare sollievo. Il contatto con il paziente evoca nel medico sentimenti che vanno oltre la semplice presa d’atto intellettiva e che a loro volta modellano l’approccio alle cure. I medici arrivano alla compassion attraverso diversi canali (Box 3). Per alcuni la compassion può essere parte di una predisposizione naturale che informa in maniera intuitiva i processi di cura. Per altri, emerge gradualmente durante l’esperienza di vita, la pratica clinica e la presa di coscienza della propria vulnerabilità. La compassion può svilupparsi col tempo e può anche essere coltivata attivamente mediante formazione nell’ambito delle “medical humanities” (http://medhum.med.nyu.edu/) [Le Medical Humanities sono un insieme di discipline che analizzano in che modo le scienze umanistiche – letteratura, filosofia, etica, storia e religione le scienze sociali – antropologia, psicologia, sociologia e le arti – letteratura, teatro, film e arti visive -, possono influenzare l’educazione e la pratica medica. Esse integrano la conoscenza scientifica del corpo con la conoscenza umanistica delle esperienze del malato nell’ambito della propria storia personale, partendo dal concetto che la salute non è solo un benessere fisico ma anche uno stato psicologico e sociale, ndr.] Non ogni disciplina della Humanities si rivolgerà a ciascun medico, ma esse potranno fornire delle chiavi per comprendere la condizione umana e il pathos e l’ambivalenza che accompagnano la malattia. Sebbene il percorso verso la compassion possa essere difficile e complesso, mostrare compassion è a spesso un’espressione naturale che può essere rapida e semplice quanto uno sguardo gentile o un tocco rassicurante. Di fatto, la compassion può essere veicolata da qualsiasi forma di comunicazione- verbale o non verbale- che testimoni riconoscimento delle vicende umane che accompagnano la malattia.

 

Dialogue (dialogo)
Dialogo, la “D” delle cure che preservano la dignità, può essere la componente più (ma anche la meno) importante di questa cornice di riferimento (Box 4) Attraverso una sincera analisi degli atteggiamenti che danno forma alle cure al paziente, un cambiamento nei comportamenti che trae origine da questa comprensione e il risveglio della compassion, molti scopi fondamentali delle cure che preservano la dignità sono già stati raggiunti. La pratica delle medicina richiede lo scambio estensivo di informazioni, con un’alleanza i cui ritmi sono stabiliti dalla raccolta, l’interpretazione e la pianificazione in funzione di particolari nuovi ed emergenti. In questo senso, il dialogo è un elemento critico delle cure che preservano la dignità. Questo dialogo si fonda sulla presa di coscienza dell’essere persona oltre la malattia e sul riconoscimento dell’impatto emotivo della malattia. Diversi approcci psicoterapeutici (terapia della dignità, terapia incentrata sul significato, life review o reminiscenza) coinvolgono i pazienti in un dialogo più estensivo, strutturato con l’intento di rinforzare il loro senso di significato, scopo e dignità. [La Terapia della Reminiscenza o Life Review Therapy si fonda sulla naturale tendenza del paziente a rievocare il proprio passato; il ricordo e la nostalgia possono essere fonte di soddisfazione ed idealizzazione. L’ obiettivo consiste nel favorire questo processo spontaneo e renderlo più consapevole e deliberato. Contrariamente a quanto ritenuto in passato (la reminiscenza era considerata patologica per le sue valenze negative), la reminiscenza è oggi vista come strumentale per risolvere conflitti del passato, mantenere un ruolo sociale e favorire l’autostima] Il dialogo dovrebbe essere usato di routine per portare familiarizzare il medico con aspetti della vita del paziente che deve necessariamente conoscere per potergli offrire le migliori cure possibili. A questo proposito, nuovamente l’Autore prospetta in maniera provocatoria alcuni scenari che “equivalgono a tentare un’operazione chirurgica al buio” : Trattare un paziente per un’artrosi grave e non sapere della sua identità di musicista, curare una donna con tumore metastatico al seno senza sapere che è l’unica responsabile di due bambini piccoli, tentare di sostenere un paziente morente senza sapere che è devotamente religioso. Le informazioni di contesto sono un elemento indispensabile per attuare cure che preservino la dignità.

 

Conclusioni
Nel suo caposaldo “La cura del paziente” nel 1927 Francis Peabody scriveva: “una delle qualità essenziali per un clinico è l’interesse per l’umanità, poiché il segreto del curare il paziente sta nel prendersi cura del paziente”. L’A,B,C e D delle cure che preservano la dignità potrebbe offrire ai clinici uno schema di riferimento per mettere in atto la saggia visione di Peabody e ricollocare l’umanità e la gentilezza al loro giusto posto nella cultura delle cure.

 

Rilevanza per la Medicina Generale
Come tutti I temi che attengono alle cure incentrate sulla persona (una delle competenze centrali della medicina primaria), il tema della dignità umana del malato è argomento di grande rilevanza per il Medico di Famiglia. Il concetto di cure che preservano la dignità racchiude in sé e trascende quello di cure palliative e dell’etica dell’accompagnamento, riguardando le cure mediche a qualsiasi paziente, ad ogni livello e per qualsiasi tipo di condizione.

 

Commento del revisore
Questo articolo propone i fondamenti di una disciplina che concilia le esigenze della cura della persona-corpo, con quelle delle cure alla persona “in toto” in una maniera impattante e all’apparenza semplice ed elementare, attraverso un ABC (e D) che solo in apparenza afferma nozioni ovvie. In realtà il “decalogo” proposto nei quattro box che integrano il testo racchiude in sé i principi di una relazione medico-paziente rispettosa e collaborativa fornendo spunti di riflessione basilari per chi si approccia al ruolo di medico. Esso fornisce anche delle indicazioni operative che possono costituire un “gold standard” di comportamento, con il quale ciascun buon medico sia che lavori da solo, sia che operi in team, dovrebbe costantemente misurarsi, in qualsiasi situazione clinica. I Medici di Famiglia impegnati nel difficile ma stimolante compito della formazione clinica dei giovani colleghi potranno trovarvi un’utile guida per la formazione alla relazione con il paziente.

 


BOX 1 - Atteggiamenti

 

 

Domande da porsi:

 

 

  • Come mi sentirei nella situazione di questo paziente?
  • Che cosa mi porta a trarre queste conclusioni?
  • Ho verificato se i miei assunti sono accurati?
  • Sono consapevole dell’influenza sul paziente del mio atteggiamento?
  • E’ possibile che il mio atteggiamento verso il paziente sia in rapporto alle mie esperienze, ansie o timori?
  • La mia disposizione all’essere medico mi mette o non mi mette in condizione di stabilire relazioni professionali aperte ed empatiche con i miei pazienti?
  • Azioni da intraprendere

     

 

  • Fare uno sforzo consapevole affinché queste domande facciano parte integrante della riflessione sulla cura di ogni singolo paziente
  • Discutere sistematicamente il tema degli atteggiamenti e degli assunti dei medici e della loro influenza sul modo di prendersi cura dei pazienti nel corso delle revisioni dei casi clinici e dell’insegnamento clinico
  • Prevedere attività di aggiornamento professionale che comportino la messa in discussione di atteggiamenti e assunti in funzione del loro impatto sulla cura dei pazienti
  • Creare fra colleghi e nel proprio setting assistenziale una cultura del riconoscimento e della discussione di questi argomenti come componente standard dei processi di cura
  • BOX 2 - Comportamenti

     

     

    Disposizione

     

    • Trattare il contatto con il paziente al pari di qualsiasi altro potente mezzo di intervento clinico
    • Un comportamento professionale nei confronti del paziente deve sempre includere rispetto e gentilezza
    • La mancanza di opzioni curative non dovrebbe mai razionalizzare o giustificare la mancata prosecuzione del contatto con il paziente

     

    Esame clinico

     

    • Chiedere sempre al paziente il permesso di effettuare un esame fisico
    • Chiedere sempre al paziente il permesso di far presenziare all’esame clinico studenti o tirocinanti
    • Benché la visita possa far parte di routine del processo di cura, raramente è di routine per il paziente, quindi, per quanto possibile, prendersi il tempo di mettere il paziente a proprio agio e mostrare comprensione per quanto stanno per affrontare (per esempio: “So che potrebbe essere un po’ spiacevole”; “Mi dispiace che siamo costretti a farle questo”; “So che è una seccatura”; “Questo dovrebbe farle male solo un momento”; “Mi avverta se per qualsiasi ragione dobbiamo fermarci”; “Questa parte dell’esame è necessaria perch酔)
    • Limitare la conversazione con il paziente durante l’esame (a parte fornirgli istruzioni o incoraggiamento) finché non si sarà rivestito o adeguatamente ricoperto

     

    Comunicazione facilitante

     

    • Agire in un modo che dimostri al paziente che ha la piena e completa attenzione del medico
    • Invitare sempre il paziente ad avere presente qualcuno della sua rete di supporto, specialmente se si programma di affrontare o rivelare informazioni complesse o “difficili”
    • I temi personali dovrebbero sempre affrontati in un setting che tenti di rispettare il bisogno di riservatezza del paziente
    • Parlando con il paziente, cercare di stare seduti ad una distanza confortevole per la conversazione, possibilmente a livello degli occhi del paziente
    • Posto che la malattia e i cambiamenti nello stato di salute possono avere un impatto devastante, offrire ai pazienti e ai loro familiari spiegazioni ripetute, ove richiesto
    • Presentare le informazioni al paziente in un linguaggio che egli possa comprendere; mai parlare della situazione del paziente a portata del suo orecchio in termini che non potrebbero capire
    • Sempre chiedere al paziente se ha ulteriori domande e assicurargli che ci sarà l’opportunità di porre altre questioni mano a mano che dovessero sorgere

     

    BOX 3 - Compassion

     

     

    Entrare in contatto con i propri sentimenti esige la considerazione dell’esistenza e dell’esperienza umana

     

    • Leggere storie e racconti e guardare film, teatro, opere d’arte che raffigurano il pathos della condizione umana
    • Discussione di narrativa, pittura e modelli di ruolo influenti ed efficaci
    • Considerare le vicende personali che accompagnano la malattia
    • Fare esperienza di un certo grado di immedesimazione con coloro che sono malati o sofferenti Modi per dimostrare compassion • Un’espressione comprensiva • Un tocco gentile ad una spalla, un braccio, o una mano • Una qualche forma di comunicazione, verbale o non verbale, che esprima il riconoscimento della persona oltre la malattia

     

    BOX 4 - Dialogo

     

     

    Riconoscere l’essere persona

     

    • “Deve essere terribile per Lei”
    • “Posso solo immaginare che cosa sta passando”
    • “E’ normale sentirsi sopraffatti, in queste circostanze”

     

    Conoscere il paziente

     

    • “Che cosa dovrei sapere di lei come persona che mi aiuti a prendermi cura di lei nel miglior modo?”
    • “In questo momento della Sua vita, quali sono le cose più importanti o che maggiormente La preoccupano?”
    • “Chi altri (o che cosa altro) subirà le conseguenze di ciò che sta accadendo alla Sua salute?”
    • “Chi dovrebbe essere qui a sostenerla?” (familiari, amici, reti di supporto religioso, etc.)
    • “Chi dovrebbe essere coinvolto a questo punto per aiutarla a sostenere le Sue difficoltà?” (servizi psico-sociali, sostegni di gruppo, ministri di culto, specialisti di cure complementari, etc.)

     

    Approcci psicoterapeutici

     

    • Terapia della dignità
    • Terapia incentrata sui significati
    • Life review/riminiscenza
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Ultimo aggiornamento di questa pagina: 20-ago-07
Articolo originariamente inserito il: 03-ago-07
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